Alla scoperta del fenomeno Kidult con Mattia Coen

Che cos’è, come e perché sta cambiando il mercato del Toys. Mattia Coen retailspecialist, ci guida alla scoperta del fenomeno

Il Kidult ha subito un’evoluzione significativa, passando da un mercato di nicchia a un vero e proprio fenomeno di massa che vale oggi quasi un terzo del mercato del giocattolo. Questo cambiamento, tuttavia, ha radici lontane e sta avendo un impatto profondo non solo sui prodotti offerti, ma anche sui modelli di distribuzione. Prima di capire come si sta evolvendo il mercato però è fondamentale capire chi sono i kidult, da dove arrivano e soprattutto perché è importante occuparsene.

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Il fenomeno Kidult

Il fenomeno dei kidult rappresenta una delle tendenze più rilevanti e in crescita all’interno del mercato del giocattolo. Secondo Circana, il settore kidult vale oggi 4,5 miliardi di euro e rappresenta il 28,5% delle vendite totali di giocattoli (dati tratti dal rapporto State of the Toys Consumer: Teens & Adults – un’analisi dei consumatori over 12, dei collezionisti e degli appassionati nei cinque maggiori mercati europei: Francia, Germania, Italia, Spagna e Regno Unito). Questo fenomeno, che sta crescendo in maniera esponenziale e ha visto i primi focolai accendersi già negli anni ’80, è passato da essere di nicchia a diventare di massa, ponendo aziende e retailer di fronte a nuove sfide e opportunità, soprattutto se consideriamo anche la denatalità e la compressione dell’età, due problematiche chiave del mercato. Ma chi sono i kidult, da dove provengono e come conquistarli? Ce lo spiega Mattia Coen, retail specialist e consulente del mercato fun & collectibles da quasi 30 anni.

Chi sono i kidult?
Per rispondere a questa domanda, non si parte dal prodotto o dall’azienda, ma dalla persona. Il kidult non è un “cosa”, ma un “chi”. Anche se in questo segmento sono inclusi anche i ragazzi, il kidult è tipicamente una persona tra i 20 e i 40 anni, quindi un boomer o un millennial, con forti passioni generalmente legate alla cultura pop, che spaziano tra cinema, piattaforme digitali, social media, fumetti ed editoria. I kidult – crasi tra kid (bambino) e adult (adulto) – rappresentano una fascia molto ampia e variegata, spesso composta da genitori che amano trasmettere le proprie passioni ai figli. Spinti da un forte senso di nostalgia, i kidult sono ex bambini che non potevano permettersi di seguire le loro passioni. Oggi hanno le risorse per farlo e sono quindi clienti disposti a spendere cifre considerevoli per prodotti che offrono qualità, design ricercato e che richiamano esperienze iconiche dell’infanzia. Questi consumatori sono pronti a riscoprire vecchie passioni o a innamorarsi di nuove, e il mercato deve essere pronto a riconquistarli.

Alcuni player del mercato del giocattolo si sono già mossi per modificare la propria offerta in concomitanza con l’esplosione del fenomeno kidult, ma non tutti lo hanno fatto in maniera adeguata o hanno mostrato resistenza al cambiamento. Come mai?
Oggi c’è una forte resistenza a comprendere chi sia davvero il kidult, prima ancora di decidere cosa produrre. Nel mondo kidult, l’affezione e il legame con il prodotto sono molto più forti rispetto a quelli del giocattolo tradizionale o del videogioco, e questo forse spaventa. La resistenza del mercato del giocattolo, secondo me, nasce da diversi fattori. Cambiare abitudini è difficile a livello comportamentale, istintivo ed economico. Molte persone preferiscono continuare a fare ciò che hanno sempre fatto, resistendo il più possibile al cambiamento, piuttosto che rischiare nuove strade e magari sbagliare. Il grande problema è che nel mercato dei kidult spesso manca la professionalità e la competenza, nonostante ci sia molta passione. Ma questo, purtroppo, non basta.

Il settore dei kidult è esploso durante il Covid, ma le sue radici sono molto più antiche…
Assolutamente. Il fenomeno kidult può essere fatto risalire agli anni ’80 e ’90, con aziende come Wizard of the Coast e Games Workshop, capaci di creare un sottobosco che ha portato alla diffusione di questa cultura. Risale a quel periodo anche la nascita delle fumetterie e dei negozi specializzati come gli hobby store, dove si trovavano i primi giochi di ruolo, giochi da tavolo alternativi ai grandi classici, miniature e accessori legati alla cultura nerd. Gli attuali kidult sono infatti gli ex nerd o geek. Tuttavia, oggi queste passioni non sono più considerate un “guilty pleasure”, qualcosa da nascondere, ma al contrario, sono motivo di orgoglio. Questo processo di sdoganamento è avvenuto gradualmente, ma ha subito un’accelerazione negli anni Duemila, con l’affermazione della cultura pop grazie a saghe importanti come Harry Potter, Il Signore degli Anelli e il Marvel Cinematic Universe. Anche Pokémon ha contribuito a questa tendenza, diffondendo la passione per i giochi di carte tra i bambini, insieme all’arrivo della Tv on demand, che ha legato strettamente questo mercato al licensing. Poi è arrivato il Covid, che ha portato cambiamenti profondi. Durante il lockdown, le persone hanno avuto più tempo da trascorrere in casa, spesso con i propri figli, riscoprendo il gioco legato all’intrattenimento, e il mercato è esploso, con alcune categorie di prodotti che hanno registrato un’impennata nelle vendite. Ciò che tra il 2010 e il 2019 era percepito come una tendenza in crescita, ora è diventato una necessità, soprattutto in risposta al declino del mercato tradizionale dei giocattoli.

Alcune aziende hanno compreso che i kidult erano clienti particolari, che avevano bisogno di sentirsi coinvolti e parte del processo.
Sì, una di queste aziende è stata LEGO, che all’inizio degli anni 2000 era sull’orlo della bancarotta, ma è riuscita a risollevarsi grazie alla cultura nerd, con set LEGO ispirati alla cultura pop, come Star Wars e Harry Potter. Ma soprattutto grazie al progetto LEGO Ideas, che ha coinvolto la community degli appassionati. Questo progetto è stato uno dei primi esempi di crowdsourcing, simile al concetto di Kickstarter: la community partecipa al processo produttivo, vota e sceglie i set da realizzare. LEGO si limita poi a perfezionare i progetti scelti dalla community. In questo modo, l’azienda sa già che migliaia di persone sono interessate a un determinato prodotto, rendendo il processo molto più mirato e di successo. Il problema dell’industria del giocattolo è che spesso non conosce il proprio cliente: parte dal prodotto, senza tenere conto del consumatore. LEGO ha fatto il contrario: prima ha chiesto al cliente cosa desiderava, e poi ha sviluppato il prodotto sulla base delle richieste ricevute. Stiamo assistendo a un cambio di paradigma. Hasbro Pulse, Mattel Creations e LEGO Ideas sono esempi di questo approccio, ma non tutti i marchi hanno la forza di seguire questa direzione. Bisogna capire che è importante ascoltare, osservare e comprendere chi c’è dall’altra parte, perché questo significa avere già in mano prodotti che avranno successo.

Lato retail, cosa deve fare oggi un negozio per attrarre e conquistare i kidult?
Come abbiamo detto, il mercato kidult si differenzia fortemente da quello tradizionale, e questa differenza rappresenta una sfida che va compresa a fondo. Non si può più pensare di gestire un negozio come 30 o 40 anni fa. Servono cambiamenti, e servono velocemente. Il negoziante ha bisogno di “studiare”, capire il proprio bacino d’utenza e le sue esigenze, conoscere i clienti e specializzarsi di conseguenza. Creare all’interno del negozio un angolo merchandising può sembrare la risposta più immediata e meno costosa, ma non è la soluzione definitiva. Il merchandising può essere un trait d’union, ma serve fare un passo in più. Oggi i kidult si rivolgono soprattutto agli hobby store, perché sanno di trovare persone appassionate come loro, capaci di dare consigli e risposte. Oppure si affidano al web, come hanno imparato a fare durante il Covid. Tuttavia, essendo un cliente altospendente, un kidult è disposto anche a tollerare una differenza di prezzo del 10-20% se trova in negozio ciò che cerca e può averlo subito.

Qual è la soluzione quindi?
La parola chiave per i negozi di giocattoli oggi è phygital, perché devono sfruttare al meglio social e web mantenendo però quel contatto umano che li distingue da Amazon e dagli altri e-commerce. È fondamentale creare un legame con il cliente, organizzare eventi e costruire una community, con spazi dove gli appassionati possano incontrarsi. Soprattutto, puntare sul servizio: se non offri qualcosa di più rispetto all’online, non funziona. Non puoi competere con Amazon sul suo terreno, ma puoi puntare su relazioni umane, contatto personale, professionalità, conoscenza del cliente, empatia e creazione di esperienze. I negozianti devono essere informati sui prodotti che vendono, essere in grado di confrontarsi con i clienti e offrire articoli difficili da trovare altrove. Devono offrire un servizio che faccia sentire i clienti nel posto giusto. Il negozio di giocattoli deve diventare il Third Place, dove trascorrere il proprio tempo dopo casa e lavoro. Quando si parla di kidult, non basta creare un semplice angolino “a tema”, perché così non si abbraccia realmente il fenomeno e non si fa nulla di veramente innovativo.

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