Cina: ancora i giocattoli sotto accusa

Dopo i continui richiami di questi mesi, e dopo la sospensione della licenza a 764 fabbriche di giochi “non in regola”, non si placano le polemiche nelle fabbriche di giocatoti cinesi. Nel Guangdong gli operai chiedono aumenti e migliori condizioni e molte ditte spostano altrove la produzione. Jenny Chan di “Studenti e docenti contro le aziende scorrette”, gruppo di Hong Kong per la tutela dei lavoratori, denuncia che a settembre gli operai hanno scioperato, ma sono solo riusciti ad avere un aumento a 3,5 yuan l’ora per gli straordinari. Per fare i giocattoli di Natale, centinaia di operai del Guangdong sono costretti a lavorare fino a 16 ore al giorno, dalle 8 di mattina fino a oltre mezzanotte, ricevendo 3 yuan l’ora per lo straordinario, meno della metà del minimo di legge. Il gruppo dice anche che molti operai ricevono salari mensili di appena 5-600 yuan (66-80 dollari). Ora gli operai chiedono migliori condizioni e sempre più ditte portano altrove la produzione. La leader giapponese Tomy ha il 90% della sua produzione in Cina, ma il 1° novembre ha annunciato che vuole spostare altrove (forse in Vietnam e Thailandia) entro 3 anni almeno il 30% della produzione cinese.

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