Gli alberi e le decorazioni natalizie prodotte nel sud della Cina trovavano generalmente acquirenti tra i grossi commercianti e importatori americani ed europei con dodici mesi di anticipo. Quest’anno, per la prima volta, nelle fabbriche cinesi si accatastano pile di merce invenduta. M. Pan, direttore della Società Huadu Toys Ltd di Chenghai (nel Guangdong), la cui attività principale è la produzione di addobbi natalizi, non sa darsi pace: quegli scaffali colmi di merce sono ormai il suo incubo notturno e a conciliargli il sonno non è certo il soffio lugubre e gelido che arriva dall’altra sponda dell’Oceano. «Gli ordinativi sono paurosamente diminuiti rispetto agli anni passati. Abbiamo già dovuto ridurre il personale del 20% e gli operai rimasti restano per molte ore con le mani in mano! – dichiara. Da quando dirige questa azienda M. Pan non ricorda un periodo con una contrazione di ordinativi come l’attuale. «Gli addetti del settore concordano nell’ammettere un calo medio negli ordinativi nell’ordine del 35% con punte del 50% per alcuni prodotti – prosegue M. Pan – Il nostro caso è emblematico: gli anni scorsi registravamo commesse per un ammontare di 8 milioni di Yaun ( 910.000 euro circa), mentre per l’anno in corso non dovremmo passare i 4 milioni di Yuan». Un rapporto pubblicato lo scorso mese di luglio dalla Banca Mondiale e da Morgan Stanley sottolineava come gli alberi di Natale prodotti in Cina rappresentino un terzo del totale mondiale e come su dieci alberi acquistati dai consumatori americani, ben sette provengano dalle fabbriche di Shenzen. Oggi, queste imprese con la totalità della loro produzione basata sull’export, si trovano ad affrontare una crisi d’indubbia gravità, le cui conseguenze sono ancora difficilmente ipotizzabili.
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