Cina, le fabbriche scoprono lo sciopero

Per trent’anni è stato il motore della formidabile crescita economica cinese. Centinaia di migliaia di fabbriche, decine di distretti industriali, una catena infinita di fornitori, subfornitori, terzisti, che hanno creato dal nulla la piattaforma manifatturiera più grande e potente del pianeta. Ma ora dal delta del fiume delle perle arrivano segnali inquietanti per le aziende cinesi, per quelle straniere che operano oltre la grande muraglia, e per i consumatori mondiali: gli operai cinesi, che hanno costruito le fortune del Made in China nel mondo, reclamano condizioni di lavoro migliori e salari più alti che consentano loro di accedere al mercato dei consumi, di costruirsi una famiglia, di comprarsi una casa.
è questo il filo rosso che lega due storie apparentemente diverse consumate nel grande bacino industriale del meridione cinese e salite prepotentemente alla ribalta delle cronache negli ultimi giorni: gli scioperi allo stabilimento Honda di Foshan, e i suicidi nella fabbrica di Foxconn, la società taiwanese che assembla componentistica per conto dei giganti dell’elettronica mondiale.
Due storie che, con le loro specificità, hanno ottime probabilità di rappresentare la punta dell’iceberg di un malessere sociale di dimensioni assai più vaste. Oggi nel Guangdong il malcontento operaio può essere ovunque e i casi di Honda e Foxconn rischiano di diventare un esempio per molti. Fino a quando le autorità cinesi, per le quali qualsiasi manifestazione di disagio sociale è un pericoloso segnale d’instabilità, riusciranno a contenere tutta la pressione che si sta accumulando nelle fabbriche del sud cinese? Fonte il sole24 ore.

© RIPRODUZIONE RISERVATA
In caso di citazione si prega di citare e linkare toystore.biz