«Da una anno a questa parte i costi di produzione sono aumentati in misura spaventosa, spesso di una percentuale a due cifre. Di questo passo, la Cina rischia di non essere più competitiva». Esordisce così Stefano Clementoni, ad di Clementoni Asia. L’amara sorpresa arriva dall’ultimo giro effettuato tra i suoi fornitori del Guangdong. «Oggi non sono in grado di fornirci un prezzo fisso per il 2009. Al massimo prendono impegni fino alla prossima primavera, perché dopo temono che i costi possano aumentare ancora». Il produttore marchigiano in Cina, tramite una rete di terzisti, produce circa il 40% dei giocattoli venduti nel mondo a marchio Clementoni. Ai costi di produzione, lievitati nel 2008, ora si è aggiunta un’altra novità: la rivalutazione dello yuan sull’euro. «Dall’inizio di luglio ad oggi la moneta europea si è deprezzata del 10% su quella cinese. Negli ultimi mesi 800 aziende sono state costrette a chiudere e l’offerta si è ridotta, rialzando i prezzi di chi è rimasto». Quali sono le alternative? «Al momento non ce ne sono – continua Stefano Clementoni – bisognerebbe esportare questo modello di distretto efficiente e organizzato com’è il Guangdong in un’altra parte del mondo. Ma sembra un’operazione impossibile. Non resta che portare in Italia alcune produzioni capital intensive ed esplorare altri Paesi del Sud Est asiatico o Est Europa. Il prossimo mese parteciperò alla missione di Confindustria in Vietnam: vediamo cosa ne salterà fuori».
© RIPRODUZIONE RISERVATAIn caso di citazione si prega di citare e linkare toystore.biz