È il design la risposta

Stagnazione dei consumi, tasso di natalità in costante calo e difficoltà a conquistare un consumatore sempre più esigente, sono alcune delle criticità con le quali il mondo italiano della Prima Infanzia si deve ogni giorno confrontare. E se sono tante le ricette con le quali i protagonisti del comparto cercano di far fronte alla situazione, ce n’è una che sembra poter essere veramente quella vincente: ricorrere al design. A dirlo a Babyworld è Luca Fois co-direttore, insieme ad Arianna Vignati e Francesco Zurlo, di Design for Kids and Toys, il Corso di Alta Formazione organizzato da Poli.design Consorzio del Politecnico di Milano, promosso, sostenuto e patrocinato da Assogiocattoli e giunto quest’anno alla sua quinta edizione.

Secondo il professore, da anni impegnato a formare i designer del futuro, è proprio il design, grazie alla sua capacità di mettere il bambino e le sue esigenze al centro dell’intero sistema prodotto la risposta per la Prima Infanzia.

Sicurezza, confort e usabilità. Tra le caratteristiche imprescindibili per un prodotto dedicato ai più piccoli non sempre il design è al primo posto. Perché? E cosa vuol dire offrire al consumatore un prodotto di design?

«Il mondo della Prima Infanzia sconta una contraddizione di fondo: chi compra il prodotto, ovvero i genitori, non sono i soli a cui il prodotto è destinato, perché in questo caso è il bambino il target più importante. Spesso quindi i produttori, più che insistere sulle necessità dell’utente puntano alle motivazioni dell’acquirente, più che affidarsi al design si concentrano sul marketing. A mio avviso è necessario, invece, un nuovo approccio che ponga il bambino e il suo sviluppo al centro della progettazione di questo genere di prodotti e servizi in modo da soddisfare tanto i bambini quanto i genitori. Il design è, infatti, il mezzo per raggiungere l’equilibrio tra le due esigenze diverse, quella dei bambini e quella dei genitori, in quanto costruire un prodotto di design vuol dire non solo progettare un prodotto bello e piacevole alla vista, quanto dare vita a un sistema prodotto che consideri il bambino come portatore autonomo di diritti e lo metta al centro dell’attenzione del designer e, quindi, di tutto il processo di progettazione, produzione e distribuzione dei prodotti a lui destinati. Noi lo chiamiamo Kidnascimento e, proprio per diffondere questo concetto, nel 2017 pubblicheremo il Manifesto del Kids & Toys Design».

Si tratta di un approccio piuttosto innovativo. I produttori del comparto sono pronti a raccogliere la sfida?

«Sicuramente negli ultimi anni l’attenzione al design è aumentata e oggi i produttori tendono a dare sempre più valore al momento della progettazione, anziché concentrare i loro sforzi solo nel tentare di vendere un prodotto. Il mondo della Prima Infanzia a mio parere ha capito la necessità di sposare il nuovo approccio prima di altri comparti. Una buona parte dell’Industria incomincia non solo a porsi il problema, ma anche a intraprendere quel percorso che, unendo tradizione e innovazione, riconosce il giusto valore al prodotto. Basti pensare al lavoro fatto da molte aziende della Puericultura pesante, da tempo impegnate a produrre passeggini riconoscendo agli stessi una doppia valenza capace di unire il bisogno di identificazione dei genitori alla necessità di coinvolgimento del bambino, prodotti multifunzione che contribuiscono a migliorare il rapporto tra genitori e bambini».

E i consumatori?

«Anche in questo caso l’interessa sta crescendo. A mio avviso, in Italia c’è bisogno di sviluppare una maggiore cultura e formazione alla genitorialità. È necessario in-formare i genitori sul concetto di cervello plastico dei bambini, secondo il quale ogni input ricevuto nei primi anni di vita lascia nella materia tracce neurologiche. Stimoli che permettono ai più piccoli di sviluppare quell’auto-consapevolezza dalla quale poi dipenderà la loro libertà di scelta e di opinione, la loro autonomia».

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