È tempo di andare oltre la cultura del prodotto

Si parla molto di shopping esperienziale, in che cosa consiste e come si applica a un negozio della Prima Infanzia?

«Nonostante da più parti venga ribadito che il ruolo del punto vendita deve necessariamente cambiare, nel retail, ma anche nelle aziende, la cultura del prodotto resta dominante. Si continua a ritenere che l’essenziale è che il prodotto ci sia. Fatto questo, il cliente entrerà e lo comprerà. Invece, il prodotto è proprio l’ultimo dei motivi per cui oggi, e sempre di più in futuro, una persona si reca in un punto vendita. Il motivo è evidente: il prodotto non è mai stato così accessibile. Non solo lo si può comprare su un canale più comodo come l’on line, ma, anche nell’ipotesi di un cliente determinato ad acquistare in un negozio, il prodotto in quanto tale è ciò che si può trovare ovunque. A fare la differenza è l’esperienza offerta. Lo shopping esperienziale è proprio questo: considerare il cliente e le sue aspettative, soprattutto in termini di servizio, e cercare di soddisfarle nella consapevolezza che l’unico motivo che potrebbe indurlo a tornare è proprio la gratificazione che gli deriva dalla visita».

Questo perché è la relazione a rendere unico il negozio…

«La relazione interpersonale è indubbiamente il primo elemento. Specie in un settore come questo, nel quale la richiesta di rassicurazione resta molto forte, perché la maternità è sempre un momento speciale. Detto questo, però, quando si parla di esperienza e di servizi occorre ampliare il raggio di azione prendendo in considerazione tutto quello che avviene nel punto vendita e che può contribuire ad aggiungere agio e anche stimolo. Quando parlo di agio intendo, ad esempio, mettere in assortimento anche capi di abbigliamento per la futura mamma. Oppure, strutturarsi per offrire spazi confortevoli come camerini ampi e ben funzionanti, aree dove i bambini possono giocare mentre il genitore si concentra sull’acquisto o, anche, una stanza o comunque uno spazio allestito con fasciatoio e tutto quello che può servire ai clienti con bambini piccoli».

Le tecnologie digitali hanno rivoluzionato la relazione con il cliente. Possono anche diventare uno strumento a disposizione del retailer per gestire a proprio vantaggio questa trasformazione?

«Il digitale è entrato prepotentemente nella quotidianità e quindi anche per un piccolo punto vendita indipendente diventa importante inserire uno schermo tattile, un tablet o magari anche strumenti più evoluti come la realtà virtuale. E questo perché anche un semplice touch screen rassicura il cliente sul fatto che si trova in una struttura tecnologicamente al passo coi tempi e aperta all’innovazione. Video vuol dire movimento e luce e questo già di per sé attira l’attenzione. Inoltre, anche se è vero che chi va in negozio lo fa anche perché vuole interagire con il personale, può capitare che debba attendere il proprio turno. E allora perché non intrattenerlo con un video bello a vedersi e magari anche utile? Dal mio punto di vista questo è un modo relativamente semplice per offrire intrattenimento, fornire più informazioni e provare a gettare le basi per futuri ritorni»

Come costruire un ambiente accogliente, stimolante e funzionale alla vendita?

«Il fine ultimo è ovviamente la vendita, ma prima di qualsiasi altra cosa il negozio deve accogliere il cliente. Di solito presenta una zona di ingresso, che è di decompressione, delle aree di esposizione e una zona cassa. In un’ottica di accoglienza, gli interventi da attuare non riguardano tanto l’esposizione, quanto piuttosto l’area cassa. Da bancone ingombro di oggetti messi lì per cercare di vendere l’ultimo pezzo di…, deve trasformarsi in uno spazio comodo dove le future mamme, i nonni e più in generale chiunque ne senta la necessità può appoggiarsi e interagire per avere delucidazioni e informazioni. Un altro aspetto da considerare è che quasi mai chi va in un negozio di Prima Infanzia è solo. Ci si va almeno in coppia. Ne consegue che nelle aree dedicate al cliente andrebbero previsti spazi dove accomodarsi mentre si attende di essere raggiunti dai propri accompagnatori e magari, avere a disposizione un distributore automatico per ristorarsi con una bevanda. Ove possibile, si potrebbero anche prevedere aree di intrattenimento per i bambini in cui proporre delle letture adatte ai più piccoli, ma anche stimolanti per adulti alle prese con la nascita di un figlio».

Se diamo il prodotto per acquisito, allora è preferibile puntare su un’esposizione qualitativamente rappresentativa…

«Il consumatore ha bisogno che il negoziante faccia il suo mestiere e che si torni alla preselezione dell’offerta, un servizio che in passato era basilare e che nel tempo si è perso per vari motivi tra cui le aumentate superfici di vendita, la paura della vendita persa e la pressione delle aziende. Concordo sul fatto di dire togliamo e valorizziamo meglio quello che esponiamo. Un cliente che si presenta in negozio esclusivamente per vedere e toccare un certo articolo, molto probabilmente è perso in partenza, visto che comprerà dove trova il prezzo più basso».

Parlando di visual merchandising, quali sono le attività assolutamente da prevedere in un punto vendita?

«Partirei dalla vetrina. In genere non è valorizzata, ma è uno strumento di comunicazione potentissimo. Serve per parlare con il mondo esterno e incuriosire il potenziale cliente fino a indurlo a entrare. Deve trasferire dei messaggi, parlare del lancio di un nuovo prodotto, di una categoria merceologica, delle possibili alternative a un certo articolo, ricordare l’articolo più venduto. Un altro aspetto da considerare è che quando nasce un bambino l’unica cosa di cui si ha assolutamente bisogno è il kit di avvio. Per tutto il resto il cliente entra in negozio cercando idee e stimoli e, invece, quasi sempre trova solo tanti articoli messi ordinatamente a scaffale. Il problema dei prodotti, dell’abbigliamento in particolare, ma anche di quelli più tecnici, è che se vengono esposti in questo modo spariscono e, quindi, è come se non ci fossero. Esporre vuol dire tirar fuori dalle scaffalature, creare delle vetrine interne dove magari abbinare due articoli in un’ottica di proposta composita, muovere alcune aree che sono adibite alla presentazione di prodotti diversi. Questo non significa spostare continuamente tutti i prodotti. Il tempo medio in cui un cliente frequenta il negozio di Prima Infanzia è due anni. In questo lasso di tempo la frequenza è molto elevata. Per questo motivo, tende ad apprezzare la possibilità di trovare con facilità il prodotto che gli interessa. Quello che un negoziante può fare è inserire delle aree dove ciclicamente vengono proposte delle novità in modo da offrire nuovi stimoli a chi ha del tempo da dedicare alla visita».

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