È una chanche soprattutto per le PMI

Considerando la sua qualifica, professore associato e direttore scientifico del Master IULM in Social Media Marketing, l’intervista con Guido Di Fraia comincia con una precisazione un po’ sorprendente. «Penso che i tempi siano maturi per riconoscere che forse oggi è arrivato il momento di tornare a parlare esclusivamente di Marketing e di considerare superate definizioni come quella di Social Media Marketing».

Cosa intende esattamente?

Questa definizione è nata qualche anno fa, quando i Social Media erano un elemento di novità. Penso che oggi sarebbe più corretto abbandonare certe definizioni che oramai tendono a ghettizzare certe pratiche e non sono più attuali. Secondo me si dovrebbe tornare a parlare di Marketing e basta e riconoscere che le distinzioni tra marketing social, digitale e tradizionale, magari continuano a sopravvivere in certi modelli organizzativi aziendali, ma non nelle prassi consolidate. Chi lavora correttamente nel marketing lo fa applicando logiche di cross-canalità in modo da intercettare trasversalmente un consumatore abituato a muoversi sui diversi media.

In questo contesto qual è il cambio di paradigma che bisogna assolutamente fare e che magari le aziende ancora non hanno colto?

Partirei dalla constatazione che tutti noi come consumatori non siamo più disposti ad ascoltare una comunicazione monodirezionale di tipo push. È venuto meno il modello di comunicazione da uno a molti applicato in epoca moderna dai media di massa che erano appannaggio delle grandi aziende e, in generale, dei soggetti di potere. A metterlo in crisi è stato l’affermarsi della società delle reti che ha determinato il superamento delle logiche tradizionali e l’avvento di una comunicazione più orizzontale. Ormai le aziende non sono più nella condizione di limitarsi a gestire la propria immagine applicando un modello unidirezionale di cui controllavano tutte le leve, ma devono tener conto di quello che di loro dicono i clienti e, in generale, cerare di intercettare il buzz, la conversazione sulla rete che la vede protagonista. Non a caso se ormai si tende sempre più a parlare di Reputazione. L’inerzia che ancora si vede in molte aziende è legata proprio alle preoccupazioni derivanti da questa oggettiva perdita di controllo. Il punto è che la reazione corretta non è certo quella di evitare di andare nelle reti sociali, perché decidere di non esserci non vuol dire che “non ci sei”. Anzi, ci sei comunque, ma non controlli.

La difficoltà nasce forse dal fatto che non si dispone degli strumenti adatti…

Solo in parte. Anche in questo caso, le technicality sono appunto soltanto delle technicality. Intendo dire che non si fa la rivoluzione introducendo software e device di vario tipo in azienda, ma attuando una vera e propria mutazione culturale. A partire dal management. Ci sono aziende specializzate che offrono il servizio di ascolto della rete a un costo accessibile. Non è né un problema di tecnologie né di servizi, ma di capire che ormai la comunicazione e il marketing devono essere fatte ponendosi n una logica trasmediale integrata e molto attenta a intercettare i rumors della rete che ci riguardano proprio per essere eventualmente in grado di intervenire

Senza contare il vantaggio che l’approccio con il cliente può essere del tipo one to one…

Questi canali si prestano a un livello di atomizzazione della procedure e della generazione dei contenuti prima inimmaginabile. Se associati con le informazioni rese disponibili dai sistemi di tracciatura degli utenti consentono di fare tarare la comunicazione in base alla persona e al momento. Questa logica one to one è diametralmente opposta e assai meno efficace di strumenti come lo spot televisivo che rischia di non portare risultato perché raggiunge il consumatore nel momento sbagliato. Invece, se il messaggio arriva nel momento giusto e in maniera contestualizzata, suscita interesse e quel contenuto da comunicazione push diventa informazione.

Da questo punto di vista, sono proprio le PMI quelle che possono ottenere maggiori risultati dalla disponibilità di questi media. Le grandi aziende e i grandi brand hanno sempre avuto accesso alla comunicazione e alla gestione della propria immagine perché disponevano dei budget necessari. La barriera di ingresso alla comunicazione mediale era infatti così alta da escludere automaticamente le realtà medio piccole. Oggi non è più così. Anche un negozio indipendente con le giuste competenze e con la giusta cultura può ottenere risultati molto interessanti investendo poche centinaia di euro.

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