Se ormai da anni la Cina è il numero uno nella produzione di giocattoli a livello mondiale e produce il 70% dei giocattoli venduti in Europa e l’80% di quelli venduti in Giappone, il Guangdong è il cuore e il centro di tutto il settore con il 70% dell’intera produzione della Repubblica Cinese. E se escludessimo i videogiochi, le proporzioni di questo toys monopolio crescerebbero ancora. Il capoluogo, Canton, è diventata una vera e propria “Giocattolandia” dove ogni settimana compaiono all’incirca cinque nuovi giocattoli e dove le mode passano veloci e i prezzi rimangono sempre bassissimi. Il Guangdong in generale è considerata la “Fabbrica del mondo”: infatti da qui escono non solo giocattoli, ma anche vestiti, orologi, audiovisivi, computer e telefoni. Lo straordinario successo dell’area si spiega nel rapporto con la confinante Hong Kong, la città al centro dell’Asia, da sempre porta d’ingresso tra la Cina e il resto del mondo. Qui inizia la storia dei giocattoli che fino a 15 anni fa venivano prodotti proprio nell’ex colonia britannica, prima che la scalata dei prezzi ne trasferisse le produzioni nei territori appena confinanti: in Guangdong. Fabbriche in Cina e affari a Hong Kong. Un binomio di successo che ha portato tutte le grandi marche mondiali del giocattolo a produrre qui. Il quartiere di Tsimshatsui nella penisola di Kowloon (Hong Kong) è un concentrato di uffici e showroom del settore, in attività 12 mesi l’anno. Le zone di maggior concentrazione del giocattolo sono proprio tra Hong Kong e Canton, passando per grandi distretti industriali vicini di Shenzhen e Dongguan. La manodopera proviene soprattutto dalle campagne dell’entroterra cinese. Molti sono gli italiani che anni fa si sono trasferiti nella zona a seguire le varie produzioni e che hanno vissuto i cambiamenti e le trasformazioni del mercato più vasto del mondo. Andrea Stramingioli, general manager di Grani&Preziosi del Gruppo Preziosi a Hong Kong, intervistato dall’inviata del mensile Gulliver Laura Daverio, afferma: «Dobbiamo essere presenti nelle fabbriche tutti i giorni, trasmettere la nostra visione del prodotto, fare ispezioni continue». Oltre ai bassi costi, ci sono altri vantaggi nel lavorare in Cina: «I cinesi sono operosi in modo costruttivo – continua Stramingioli – in questi venti anni di esperienza ho visto le fabbriche cinesi fare un salto gigantesco fino ad arrivare a uno stadio modernissimo, grazie alla seconda generazione di imprenditori mandati a studiare all’estero». Anche il problema delle copie, per le aziende estere è all’ordine del giorno: «Mi è capitato di vedere copie del nostro Sapientino in cinese, con un nome diverso ma con gli stessi personaggi – spiega Stefano Clementoni, managing director di Clementoni Asia, che ha iniziato a lavorare con la Cina a fine anni ’70 – bloccare i falsari è difficile. Quando hai finito di cercare i responsabili è già passata la stagione». Nel mercato interno cinese si spendono per i giocattoli 4 miliardi e 700 mila euro e la festa internazionale del bambino del primo giugno, sconosciuta altrove, ha un grande seguito in Cina ed è diventata una delle principali occasioni di spesa di giocattoli-dono. «Ma non credo che la Cina diventerà la fabbrica del mondo e noi non produrremo più nulla. L’efficienza è inferiore e le lavorazioni più automatizzate possono rimanere in Europa».
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