Quali sono gli strumenti su cui fare leva per creare Shopping Experience?
«La shopping experience, o meglio l’esperienza memorabile che i nostri clienti devono vivere, si costruisce combinando un articolato insieme di fattori, alcuni di questi legati alla tecnologia, altri all’esperienza sensoriale altri ancora al servizio. Ma il vero nodo da dominare in modo chiaro e coerente è la creazione di una storia. L’esperienza di acquisto è tanto più efficace quanto più riusciamo a raccontare” una storia” ai nostri clienti. Pongo l’attenzione sul tema della narrazione proprio perché oggi molti sono gli strumenti di coinvolgimento del consumatore ma quello che rimane nella memoria è il messaggio che siamo in grado di narrare fatto di valori del brand e di caratteristiche del prodotto. Il cliente va inteso come l’interlocutore principale di questo racconto. Dobbiamo però fare attenzione al contesto. Saremo in grado di costruire la nostra storia, unica e irripetibile, soltanto se conosciamo a fondo i nostri potenziali consumatori e i loro bisogni e soltanto se conosciamo a fondo i nostri competitors.
Per alcune tipologie di prodotto la conoscenza dei consumatori diventa particolarmente delicata perché non sempre chi decide l’acquisto coincide con l’utilizzatore del prodotto acquistato. Mi riferisco ai negozi per articoli da bambini (e in questo ambito rientrano anche i negozi di giocattoli). In questo caso la shopping experience deve essere pensata per i bambini ma essere comprensibile e fruibile anche dagli adulti».
Quali sono le ultime tendenze in questa direzione?
«In ogni settore il mercato e i comportamenti di acquisto sono in costante evoluzione e gli ultimi 5 anni hanno visto una forte accelerazione nella direzione del cambiamento tecnologico. Grazie a tecnologie sempre più sofisticate, alla multicanalità, all’usabilità migliorata dei siti mobile e all’ampia diffusione degli smartphone i consumatori oggi sono sempre più consapevoli e sempre più abituati alla velocità di acquisizione di informazioni e di prodotti. In questo contesto si è configurata una nuova tendenza, prima negli Stati Uniti e ora in Europa, che prende il nome di “Showrooming” cioè quel fenomeno in base al quale un cliente si reca in negozio per vedere o provare un prodotto, ma poi lo acquista online. Si tratta di una inversione di tendenza rispetto a 10 anni fa quando invece i clienti preferivano utilizzare la rete per raccogliere informazioni perfezionando l’acquisto successivamente in negozio. Per chi gestisce uno spazio retail tradizionale diventa sempre più importante essere quindi distintivi essere in grado di offrire l’emozione di una esperienza sensoriale che oggi non è ancora disponibile con gli acquisti on line».
E’ possibile creare emozioni in store anche nei piccoli punti vendita del canale tradizione?
«Paradossalmente in questa situazione di estrema “globalizzazione” del mondo retail, dove ognuno può acquistare on-line qualsiasi prodotto in qualsiasi momento, i piccoli punti vendita del canale tradizionale hanno delle importanti opportunità di affermazione a patto che siano in grado di distinguersi per personalità e ricerca. Nel mondo delle tendenze globali sta assumendo sempre maggiore importanza il trend del “ritorno alle origini”, quindi la riscoperta di prodotti e atmosfere tipiche di un tempo. I piccoli punti vendita del canale tradizionale non possono competere con la forza di diffusione dei grossi gruppi attraverso l’e-commerce ma possono distinguersi in un territorio nel quale la selezione di prodotti artigianali, presentati con l’attenzione, la cura e il livello di servizio di una volta è improponibile e inavvicinabile per l’e-commerce. L’atteggiamento di acquisto si dividerà in ricerca di velocità e praticità, esigenze soddisfatte dall’acquisto on-line, e ricerca di qualità, servizio e atmosfere sensoriali aspetti soddisfabili solo nei negozi fisici. Ancora una volta il tema torna ad essere la capacità di dare valore aggiunto all’atto dell’acquisto creando una esperienza memorabile nel consumatore».
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