«Il problema dell’inclusività deve divenire un obiettivo della progettazione e del design, che sta a monte di ogni prodotto che punta all’eccellenza. Il gioco e il giocattolo presentano un’ambiguità di fatto: vengono usati dai bambini, ma comprati dagli adulti e troppo spesso si sacrifica i contenuti in funzione della vendibilità. Pensare al soggetto utente, bambino, come autonomo soggetto portatore di diritti, comprende il tema dell’inclusività soprattutto se si pensa al gioco come strumento pedagogico oltre che di svago. Questa è la ragione di base per cui da diversi anni teniamo il Corso di Alta Formazione sul Kids and Toys Design, al Polidesign di MIlano. Inoltre è necessario pensare che tutti sono disabili per un motivo o l’altro, per una disciplina o l’altra, per un sapere o un altro, per un saper fare o un altro…lo siamo alla nascita, durante la vita e nella vecchiaia. Non esiste, dunque, solo la tipologia della disabilità “forte” a livello fisico e psichico, ma molte disabilità. Da qui l’esigenza di educare con giochi e giocattoli inclusivi al valore della diversità e, quindi, delle diverse abilità. Con questi valori è importante partire a monte, dal design: cultura e metodo del progetto».
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