Un’opera d’arte creata da un’intelligenza artificiale senza alcun contributo umano non può essere protetta da copyright secondo la legge statunitense, perché “Solo le opere realizzate con il contributo di autori umani possono ricevere i diritti d’autore”. È quanto ha deliberato il giudice distrettuale statunitense Beryl Howell a Washington DC, dando ragione all Ufficio per i diritti d’autore che aveva rifiutato l’approvazione di alcuni brevetti presentati dall’informatico e imprenditore Stephen Thaler per alcune invenzioni create dal suo sistema DABUS, acronimo di Device for the Autonomous Bootstrapping of Unified Sentience.
Stephen Taler ha anche richiesto la registrazione di brevetti generati da DABUS in altri paesi, tra cui Regno Unito, Sud Africa, Australia e Arabia Saudita, “con scarso successo”, scrive Reuters, che ha anche aggunto che l’avvocato di Thaler, Ryan Abbott, ha dichiarato che lui e il suo cliente sono in forte disaccordo con la decisione e che ricorreranno in appello.
Il campo in rapida crescita dell’intelligenza artificiale generativa ha sollevato nuove questioni di proprietà intellettuale. L’Ufficio per il diritto d’autore ha anche respinto la richiesta di un artista di ottenere i diritti d’autore sulle immagini generate attraverso il sistema di intelligenza artificiale Midjourney, nonostante l’artista sostenesse che il sistema faceva parte del suo processo creativo. Sono state inoltre intentate diverse cause legali sull’uso di opere protette da copyright per addestrare l’IA generativa senza autorizzazione.
“Ci stiamo avvicinando a nuove frontiere del diritto d’autore, in quanto gli artisti hanno inserito l’IA nella loro ‘cassetta degli attrezzi'”, il che solleverà “questioni impegnative” per la legge sul diritto d’autore, ha scritto il giudice Howell nella sentenza.
Nel 2018 Thaler aveva presentato una richiesta di copyright per “A Recent Entrance to Paradise”, un’opera d’arte visiva che, a suo dire, è stata creata dal suo sistema di intelligenza artificiale senza alcun contributo umano. L’anno scorso l’ufficio ha respinto la richiesta, affermando che le opere creative devono avere un autore umano per essere tutelate dal diritto d’autore.
Thaler ha contestato la decisione in una corte federale, sostenendo che la paternità umana non è un requisito legale concreto e che consentire i diritti d’autore sull’IA sarebbe in linea con lo scopo del copyright, delineato nella Costituzione degli Stati Uniti, di “promuovere il progresso della scienza e delle arti utili”. Il giudice Howell ha invece concordato con il Copyright Office e ha affermato che la paternità umana è un “requisito fondamentale del diritto d’autore” basato su “secoli di conoscenze consolidate”.
Fonte: Reuters
Foto di Gerd Altmann da Pixabay
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