My Barbie Story, il libro che celebra il suo 65° anniversario

Il ricavato delle vendite del volume illustrato My Barbie Story, rende omaggio alla storia del brand, sarà devoluto a UN Women UK

Per celebrare il 65° anniversario del brand Barbie, Mattel ha annunciato il lancio del libro “My Barbie Story” in edizione speciale, con emozionanti contributi firmati da celebri amici e amiche del brand, che raccontano quale significato abbia avuto Barbie per loro nel corso degli anni. L’esclusiva raccolta con ben 108 storie e immagini che vedono protagonisti personaggi famosi, fan e collezionisti, è già disponibile per l’acquisto, e il ricavato sarà interamente devoluto all’associazione benefica UN Women UK come parte dell’iniziativa Barbie Dream Gap Project.

My Barbie Story

Dal 1959 Barbie è un’icona di empowerment, immaginazione e infinite possibilità. Dalle avventure dell’infanzia ai momenti di scoperta di sè, Barbie ha ispirato e supportato moltissime persone nel plasmare le proprie vite. Il libro “My Barbie Story” rende omaggio ai 65 anni di storia del brand, invitando i suoi amici di tutto il mondo a rivolgere lo sguardo al proprio passato per condividere le loro storie su Barbie. Il libro include aneddoti personali di celebrità del calibro di Dame Helen Mirren, Claudia Schiffer, Samantha Cristoforetti, e in Italia di Elisa e Francesca Michielin, Sara Gama, Sonia Peronaci, Giulia Stabile, Francesca Ragazzi, Luca e Alba Trapanese. Sono racconti di grande ispirazione che mettono in risalto l’impatto che Barbie ha avuto su innumerevoli generazioni e settori, dall’arte allo sport, dalla moda alle carriere STEM.

Krista Berger, Senior Vice President di Barbie e Global Head of Dolls presso Mattel ha affermato: “My Barbie Story è un omaggio ai 65 anni del brand Barbie e alle infinite possibilità con cui ha permesso a diverse generazioni di sognare. Questa raccolta di riflessioni personali mette in risalto l’incredibile legame che le persone hanno con Barbie, una bambola capace di far esprimere la propria personalità e che ci ricorda che possiamo essere ciò che desideriamo. Con i ricavi devoluti a UN Women UK, continuiamo la nostra missione nel far capire alle bambine di tutto il mondo che il loro potenziale non ha limiti. Vogliamo che anche voi condividiate le esperienze che avete vissuto con Barbie, unendovi a noi nel celebrare un’eredità destinata a durare per molto tempo a venir”. Con il 65° anniversario del brand non puntiamo semplicemente a ricordare l’impatto che Barbie ha avuto sulla cultura ma vogliamo contribuire a plasmare il futuro. Come parte del Barbie Dream Gap Project, tutti i proventi di questo libro saranno devoluti a UN Women UK, organizzazione per la parità di genere e l’empowerment delle donne. Anche Mattel Foundation darà il proprio contributo per la donazione. Barbie Dream Gap Project rappresenta la missione globale del brand nell’aiutare le bambine a raggiungere il loro pieno potenziale senza più porsi limiti“.

I contributi italiani

Sara Gama: Barbie ha da tempo un ruolo importante nell’infanzia delle bambine, e mi colpisce il modo in cui riesce a ispirarle a realizzare i loro sogni attraverso il gioco. E oggi più che mai. Da quando ho iniziato a giocare, il calcio femminile è cambiato radicalmente. Quando ero piccola, nessuna bambina poteva pensare di diventare una calciatrice professionista. Non si sentiva parlare di calcio femminile. Non sapevo nemmeno che esistesse una squadra nazionale femminile. Ho iniziato a giocare con i bambini della mia età in squadre miste. E per squadre miste intendo che generalmente ero io che giocavo con i miei amici. Non mi sono mai sentita diversa perché amavo il calcio, e ciò che più contava per me era seguire la mia passione. Per questo, ho iniziato molto presto ad allontanarmi sempre più da casa per inseguire ciò che amavo fare. Per me non è mai stato un problema, tuttavia, la possibilità per le bambine di tutte le età di scegliere una squadra, con chi giocare e dove giocare senza problemi, non c’era. Oggi abbiamo fatto molti passi avanti, ma c’è ancora molto da fare in termini di infrastrutture e servizi per rendere il calcio accessibile a tutte le bambine, assicurandoci che abbiano l’opportunità di giocare in una squadra femminile vicino a casa. Spero che diventare una Barbie Role Model possa essere di esempio affinché la nuova generazione superi le barriere della società che ritroviamo anche nello sport. E questo obiettivo mi dà la carica per dare sempre il massimo.

Francesca Michielin: La sferzata di sfumature colorate che Barbie ha portato nei miei adorati (e ormai lontani) pomeriggi dei primi 2000 non ha delineato solo un mondo rosa e fucsia dove poter giocare, con ispirazioni e creazioni per il suo guardaroba e per i suoi capelli, ma anche un potere immaginativo e una nuova idea di corpo. Perché poi, non esiste il modello “Barbie”, univoco: Barbie è tantissime cose, è in ognuno di noi perché Barbie è qualsiasi modello di riferimento vogliamo. Barbie non scrive un’unica storia, siamo noi a scrivere una storia personale e unica come ogni Barbie fa. E parla non per forza di un mondo fantasy, dove si evade dalla realtà, ma della vita di tutti i giorni, che può diventare ciò che desideri. Da bambina di provincia cresciuta a latte e cartoni animati, le gesta di supereroine e ragazze magiche potevano sicuramente essere d’ispirazione ma mai quanto una bambola che rappresentava se stessa in quanto tale, nel suo avere la pelle di qualsiasi colore, nel compiere un qualsiasi lavoro, nell’essere comunque protagonista, nel volersi bene in primis, avendo cura di sé. Le majokko dei miei amati manga erano figure intraprendenti, ma le bambole ispirate ad esse presentavano un corpo non solo stereotipato, anche impossibile. Una caricatura, necessaria a semplificare il personaggio il più possibile ma che in me creava quasi disagio, perché, mancava la vera magia: la rappresentazione. Se la bellezza è di fatto la prima discriminante perché nella nostra società e nei social media il modo di considerarla genera canoni estetici irraggiungibili, rappresentare più corpi possibili e conferire loro validità è l’unica scelta possibile, poiché è la verità. E in Barbie la bellezza non è solo estetica, ma risiede in valori quali la gentilezza, il coraggio, il creare ponti, apprezzare (anziché voler cancellare) la diversità, perché è ricchezza.

Elisa Toffoli: Da piccola ho avuto diverse Barbie e un paio di Ken. Ricordo che mi piaceva tagliare e colorare i capelli delle mie Barbie; credo che lo facessi per emulare il lavoro di parrucchiera di mia madre. D’estate, mi piaceva andare sul terrazzino di casa e far fare il bagno alle mie Barbie e a Ken facendoli immergere in una bacinella per il bucato, fingendo che fosse una lussuosa piscina o il mare. Attraverso il gioco di ruolo, elaboravo le mie emozioni, inventavo storie e proiettavo le mie fantasie. Un giorno mio padre, che non viveva con noi e che vedevo solo qualche sera alla settimana, arrivò a casa nostra con uno strano oggetto rettangolare in mano. Quando lo capovolse, mi resi conto che era una piscina per le mie Barbie! Ma non l’aveva comprata, l’aveva fatta lui. Era in vetroresina impermeabile, dipinta di blu e bianco, e c’era persino una scala per entrare in acqua e un trampolino. Mio padre era un costruttore di barche e si occupava di allestimenti interni per grandi navi da crociera, quindi credo che l’avesse costruita nel suo laboratorio. Ma a me è sembrato un miracolo vedere arrivare quella piscina; è stata una magia. È un bellissimo ricordo che mi lega a Barbie e a mio padre.

Giulia Stabile: Quando ero piccola, le Barbie erano il primo gioco a cui pensavo quando tornavo a casa: mi permettevano di sperimentare qualcosa di diverso ogni giorno… Potevo raccontare la storia di una pattinatrice, di un’infermiera e, naturalmente, di una ballerina. Giocando, potevo anche raccontare la storia che preferivo per me stessa, ed è stato durante la mia infanzia e attraverso il gioco che ho capito quanto sia importante avere un sogno. Infatti, la cosa che preferivo era poter scegliere il finale delle storie che immaginavo: era come fuggire in un altro mondo per qualche ora alla settimana e rappresentare quelle che erano le fantasie e i desideri che avevo!Penso che sia una cosa comune quando si è bambini dare voce ai propri sogni attraverso il gioco. Nel mio caso, la cosa che è rimasta invariata è l’importanza e la voce che continuo a dare ai miei ogni giorno.

Luca Trapanese: La Barbie è sempre stata presente nella mia vita: ricordo il profondo desiderio di possederne una nonostante fossi maschio. Morivo di invidia quando andavo a casa di mia cugina Francesca e vedevo le sue Barbie. Cercavo in tutti i modi di giocare con loro, usando qualche scusa. Spesso mi nascondevo perché mia nonna mi richiamava sempre, e a volte Francesca mi proponeva di giocare con una macchina invece che con una Barbie. Ma questo significava che non potevo pettinare o vestire la mia Barbie, pensavo! Un giorno, avevo quasi otto anni, mia madre mi portò in un negozio di giocattoli. Mi prese per mano, mi accompagnò al reparto Barbie e mi disse: “Scegli”. Ricordo ancora quella che scelsi, Barbie Fiore di Pesco. Non ne volevo una qualsiasi, ma la più bella ed elegante. Pensavo che sarebbe stata la mia prima e unica Barbie e volevo fare colpo. Mia madre ha sempre amato il cucito ed è anche brava. Con lei abbiamo realizzato molti abiti per la mia Barbie, tra cui uno pieno di paillettes rosa. Mi ha sempre ispirato a essere creativo, a immaginare mondi e storie diverse: un gioco pieno di avventure. Per un certo periodo l’ho portata ovunque, nascondendola nella borsa di mia madre, mia complice. Poi si cresce e si è costretti a lasciare i giocattoli. Ho riscoperto Barbie e mi sono riappassionato a lei grazie a mia figlia Alba. Alba ama molto Barbie e il suo mondo, e ne ha tantissime. In ogni occasione non può mancare una Barbie. Adora quella con la sindrome di Down perché la fa sentire protagonista. Per Alba, la Barbie che ha il suo aspetto deve avere tutto rispetto alle altre: i vestiti più belli; è la padrona della villa, della macchina e della barca! Credo che si senta in empatia per via della somiglianza. Barbie le ha dato molto coraggio. Il mondo di Barbie non è banale, non è solo un gioco. Grazie alla presenza di diverse etnie e disabilità, aiuta i bambini a capire che la perfezione non esiste e che il mondo, comprese le persone, è unico e anche imperfetto! Ma nonostante tutto, si può essere felici. Solo Barbie è stata in grado di raggiungere questo obiettivo, e ne sono profondamente grato sia come figlio degli anni ’80 che come padre di una bambina con disabilità.

Sonia Peronaci: La prima Barbie non si scorda mai, ed è proprio vero! La mia mi aspettava nella vetrina di un piccolo negozio di Milano, un luogo magico che sembrava contenere tutti i sogni di una bambina. Ogni giorno, mano nella mano con mia nonna, ci passavo davanti e, trasportata dalla mia immaginazione, pensavo a quali avventure avrei potuto vivere con lei, l’iconica Barbie. In una mattina d’estate, la magia è finalmente scattata! Dopo la fine della scuola, in una calda giornata di giugno, entrai nel piccolo negozio con la nonna e fu subito amore a prima vista. Qui io e Barbie ci siamo incontrate e ci siamo scelte. Non riuscivo ancora a crederci: la mia prima Barbie! Mentre tornavamo a casa, sentivo di avere tra le mani non solo una bambola, ma soprattutto un’amica, un’ispirazione e un invito a sognare senza limiti e barriere. Che bello sentirsi liberi di esplorare, inventare e dare forma all’immaginazione. Ora, a distanza di anni, quella Barbie è più di un semplice ricordo d’infanzia. Simboleggia le infinite possibilità che la vita offre e l’importanza di credere nei propri sogni. La vita è un’avventura tutta da scoprire e, con un po’ di immaginazione, possiamo essere tutto ciò che vogliamo!

© RIPRODUZIONE RISERVATA
In caso di citazione si prega di citare e linkare toystore.biz