I pubblicitari di Madison Avenue e i leader del marketing americano hanno coniato una sigla per un fenomeno noto, che ha però crescenti implicazioni economiche. È «Kagoy», ed è l’acronimo di «Kids are growing older, younger» (I ragazzi diventano più grandi più presto). Anche negli Stati Uniti si assiste infatti a una compressione dell’età che “accorcia il target bambino”. La settimana scorsa il fenomeno «Kagoy» era ben presente ai visitatori del Javitz Center di New York, tra i 1400 stands della Toy Fair. I bambini smettono sempre prima di divertirsi con soldati, puzzle, bambole interattive e automobiline telecomandate. I prodotti che una volta entusiasmavano i ragazzini di 8 anni, adesso reggono a malapena per quelli di 5 o 6; mentre l’elettronica, in tutte le sue salse e ramificazioni, spadroneggia nel tempo libero dei ragazzini. Il «Kagoy» sta avendo un effetto di contrizione nell’industria del giocattolo americano. Negli Usa il fatturato del settore è sceso l’anno scorso del 3%, a quota 20,1 miliardi di dollari. E le maggiori aziende del settore devono fronteggiare da una parte la concorrenza dei cinesi, sempre pronti a immettere sul mercato «prodotti fotocopia» a costi stracciati, dall’altra la pressione sui prezzi della WalMart, della Target e delle altre big della distribuzione. I manager e i creativi alla Toy Fair di New York si sono chiesti nei numerosi forum tenutisi per l’occasione come uscire dall’impasse. Con l’innovazione di prodotto? Diversificando le attività? Puntando sull’elettronica e inserendo più chips e più interattività nei giocattoli tradizionali? Per ora tutte le possibili soluzioni sono ancora aperte.
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