Il Festival Internazionale della Pubblicità che si è da poco concluso a Cannes ha premiato quest’anno soprattutto la semplicità, in controtendenza con una stagione che ha visto il fiorire di campagne ricche di “effetti speciali”. In questa ottica la premiazione delle campagne stampa, che ha visto il testa a testa tra la pubblicità della Lego (di Fcb Johannesburg )e quella della Levi’s, due campagne fatte di poco e nulla, di pochi segni ma straordinariamente evidenti, in grado di colpire l’immaginazione molto di più di altre campagne, sovraccariche di segnali. Del resto l’intreccio tra media diversi, Internet, la televisione, la radio, la stampa rende sempre più difficile comprendere quale sia il linguaggio più adatto a colpire il pubblico senza rischiare errori, riuscendo ad uscire dagli stereotipi. La domanda più importante, in questo senso, è stata posta da Craig David della Jwt a Arianna Huffington, fondatrice dell’Huffington Post, ospite di un dibattito sulla cultura pop di oggi: «Come può fare la pubblicità ad essere interessante, invece di essere ciò che interrompe le cose interessanti?». La giornalista non ha avuto dubbi nel rispondere: «Il pubblico chiede interattività, vuole partecipare, chiede spazio. La pubblicità tradizionale non crea dialogo, parla da sola e non c’è possibilità di interazione. La pubblicità del futuro, quella dei nuovi media, sarà quella in cui il pubblico potrà partecipare».
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