Self-efficacy e sell out, un binomio vincente

Volumi di vendita che aumentano anche fino al 20% e per di più senza sacrifici sul fronte della marginalità che, anzi, migliora anch’essa sensibilmente. Questi gli argomenti forti che dovrebbero convincere a proseguire nella lettura di questo articolo anche i negozianti meno propensi a riconoscere a un concetto astratto come quello dell’autoefficacia la capacità di influenzare le loro performance. Semplificando al massimo, l’idea alla base della self-efficancy – secondo la terminologia adottata dallo psicologo Albert Bandura che ha messo questo concetto al centro della propria teoria socio-cognitiva – è che tanto più in una persona è elevata la convinzione di essere capace di organizzare e svolgere con successo le azioni necessarie al conseguimento di un obiettivo e tanto più la sua prestazione migliora, aumentando le sue probabilità di centrare il risultato desiderato. “Questa teoria è stata definita nei suoi canoni di sperimentazione alla fine degli anni 90 e vale per tutti i campi dell’attività umana e della vita. Il nostro interesse nasce dal fatto che, come dimostrano diversi studi sperimentali, può avere un impatto fortissimo sulle vendite”. Chi parla è Silvio Trombetta, partner della società di consulenza Mida e coautore con Pierpaolo Peretti Griva del volume “Aumentare le vendite con la self-efficancy” edito da Franco Angeli.Cosa si intende esattamente per autoefficacia? L’idea è che esistono comportamenti più’ efficaci di altri nel garantire il conseguimento di un obiettivo e che essi possono essere acquisiti. La validità della teoria della self-efficacy è stata dimostrata da diversi studi condotti da Albert Bandura e dai suoi collaboratori dell’Università di Stanford. Le loro sperimentazioni hanno dimostrato che quando in un gruppo di individui dotati di pari abilità nello svolgere un determinato compito, si interviene su alcuni per innalzarne il livello di autoefficacia, il risultato è che le loro prestazioni sono superiori a quelle degli altri membri del gruppo. Se ne deduce che, per riuscire a svolgere in modo eccellente un’attività, il solo ‘saper fare’ può non essere sufficiente. Serve anche ‘sapere di saper fare’. L’elevata consapevolezza delle proprie potenzialità porta, infatti, l’individuo ad aumentare l’investimento nella prestazione alzandone la qualità. In che modo questo concetto si applica alla vendita?Quando l’obiettivo è il miglioramento di una prestazione commerciale il primo intervento che viene in mente è quello dello sviluppo o del potenziamento delle tecniche di vendita. Questo però non spiega come mai in determinate condizioni, anche i venditori che le padroneggiano benissimo perdono in efficacia. Per capire come mai questo avviene, è utile rifarsi alla teoria della self-efficacy. Uno dei suoi assunti è che talvolta l’individuo si costruisce una rappresentazione della realtà nella quale il comportamento più’ efficace da adottare appare impraticabile o comunque impossibile da adottare. La conseguenza di tutto questo è che questo stesso individuo ripiegherà su comportamenti inadeguati e inefficaci ai fini del conseguimento dell’obiettivo. Un esempio tipico è quello dell’addetto alle vendite convinto che il cliente che ha di fronte non comprerà: partendo da questa percezione, non tenterà neppure di fare la vendita. Analogamente, rinuncerà a prescindere a provare a vendere un secondo giocattolo a un papà che sta acquistando la tuta di Batmann, perché, avendo stabilito che non gli interessa, non ritiene di avere le argomentazioni giuste per indurlo a un secondo acquisto. Come si fa a potenziare la self-efficacy?Partendo dal presupposto che tutti i comportamenti e le azioni messe in atto hanno bisogno di essere sostenuti da una convinzione fortemente coerente con l’azione che ne consegue, il tema è dare consapevolezza alle persone e formarle ad individuare e abbandonare le convinzioni limitanti. Il negoziante con un più elevato livello di self-efficacy affronta ogni cliente come una nuova opportunità da esplorare ogni volta come se fosse la prima. Il che significa, ad esempio, non rinunciare a valutare se esiste la possibilità di fare up-selling anche quando la prima impressione è che il cliente vuole spendere poco. Proporre un giocattolo da 100 euro, argomentarlo andando, ad esempio, a richiamare l’attenzione sul maggior valore della scatola in proporzione ai pezzi contenuti dipende esclusivamente dal negoziante e fa parte della sua prestazione. L’accrescimento dell’autoefficacia si traduce infatti in un miglioramento della prestazione e in un innalzamento delle sue possibilità di incidere anche sulle situazioni più sfavorevoli. E questo anche se occorre avere ben presente che la prestazione è soltanto uno dei fattori – insieme all’aggressività della concorrenza, alla forza del brand, alla qualità del prodotto ecc. – che concorrono al risultato. Un negoziante con un basso livello di autoefficacia è, ad esempio, quello che si limita a lamentarsi dello showrooming e a esternalizzare il problema: a essere sbagliati sono i consumatori che vengono in negozio a vedere il prodotto e poi comprano on line. L’approccio di un suo collega con elevato livello di self-efficancy sarà invece improntato alla convinzione che, adottando i giusti comportamenti, potrà arginare il fenomeno aumentando il proprio appeal, diventando ancora più competitivo e invogliando le persone a finalizzare l’acquisto in negozio con proposte che segnalino il valore aggiunto del comprare con l’assistenza di un esperto. Questa differenza di approccio porta innegabilmente a risultati qualitativamente diversi, soprattutto in un contesto come l’attuale in cui il consumatore è sempre più autonomo e la conditio sine qua non perché un negozio continui ad avere un ruolo è che assicuri un livello di consulenza tale da essere percepito come un irrinunciabile valore aggiunto. La mia esperienza è che un venditore con un elevata autoefficacia non solo performa meglio, ma, a parità di abilità e di contesto e al netto di fattori come la stagionalità, incrementa i propri volumi di vendita anche del 20 o del 30%, aumenta la marginalità usando accortamente l’up selling e il cross selling e, in più, fidelizza il cliente.
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