Sicurezza: arriva il marchio “not made in”

Playmobil, Ravensburger e la danese Lego sottolineano la loro produzione “domestica” o, comunque, localizzata là dove è più facile effettuare controlli. E lanciano il “not made in China”. «Per mantenere i nostri standard di qualità non avevamo personale sufficiente per ispezionare le fabbriche cinesi – ha dichiarato al New York Times Andrea Schauer, dirigente Playmobil. Il riferimento alle vicissitudini di questa estate non è casuale e la scelta di mantenere la produzione in Europa, secondo le aziende citate, è stata dettata non solo da motivi economici ma anche etici. «Se da una parte sapevamo che un operaio cinese ci sarebbe costato un ventesimo – spiega Schauer – abbiamo scoperto che la distanza tra i due paesi avrebbe eroso tutto il guadagno. Non è stato facile convincere le banche a concedere i prestiti. Ma ora le vendite di Playmobil crescono con un tasso a due cifre». E l’azienda tedesca punta ad esportare giocattoli a Pechino e Shangai. Playmobil produce però in Cina il lampeggiatore della macchinina della polizia. Anche Lego poduce il 70% de suoi mattoncini nel quartier generale a Billund, in Danimarca. Il resto della produzione avviene in Ungheria e Messico. Ravensburger mette insieme l’85% dei suoi puzzle in Germania e ha uno stabilimento in Repubblica Ceca. Schauer conclude: «Certo non si può credere ciecamente alla qualità della minifattura locale. Ma se c’è un problema in fabbrica, salo in auto e in venti minuti sono sul posto».

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